Nota variazione: quando si può emettere e quando occorre la dichiarazione integrativa
Con Risposta a interpello n 832 del 16 dicembre 2021 le Entrate trattano ancora un caso di richiesta chiarimenti sulla emissione di nota variazione.
L'agenzia in principio ricorda che, come più volte specificato in vari documenti di prassi, l'emissione di note di variazione ex articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (decreto IVA) è lo strumento principale e generale al fine di porre rimedio agli errori compiuti in sede di fatturazione.
L'istante è una società in amministrazione giudiziaria che emetteva a carico di altra società due fatture.
Le fatture «purtroppo, venivano indirizzate e trasmesse a mezzo raccomandata semplice a quella che si riteneva essere la sede legale, […] che invece, così come risulta da una visura camerale storica, era stata chiusa in data 09/05/2014, con trasferimento […],
La società ricevente le fatture pur non contestando i servizi, non intende accettare le suddette in quanto riportanti un indirizzo anagrafico errato e poiché pervenute oltre i termini di legge per l'esercizio della detrazione dell'Iva, e chiede di procedere all'annullamento delle stesse con emissione ove occorra di Note di credito a storno totale e ri-emissione di nuove fatture con indicazione esatta della sede legale, al fine di poter esercitare il diritto alla detrazione dell'Iva.
Tanto premesso, la società istante al fine di una corretta applicazione della normativa fiscale al caso concreto, domanda chiarimenti in merito a:
a) Determinazione del momento in cui il committente ha diritto ad esercitare la detrazione iva considerato che viene a conoscenza ed in possesso delle fatture di acquisto dopo oltre un anno dalla data di emissione;
b) Emissione di nota di credito a storno totale fatture emesse con diritto alla detrazione d'imposta ex art. 26 comma 2 del Dpr 633/72 e ri-emissione fatture in data odierna, così come richiesta dal cliente tenuto conto che è trascorso oltre un anno dalla data di emissione delle fatture
Le Entrate in risposta specificano che, per ciò che concerne il caso di specie si ricorda che se un'operazione per la quale sia stata emessa fattura, successivamente alla registrazione viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce l'ammontare imponibile, in conseguenza di dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili o in conseguenza dell'applicazione di abbuoni o sconti previsti contrattualmente, il cedente del bene o prestatore del servizio ha diritto di portare in detrazione l'imposta corrispondente alla variazione, registrandola a norma dell'articolo 25.
La disposizione non può essere applicata dopo il decorso di un anno dall'effettuazione dell'operazione imponibile qualora gli eventi ivi indicati si verifichino in dipendenza di sopravvenuto accordo fra le parti e può essere applicata, entro lo stesso termine, anche in caso di rettifica di inesattezze della fatturazione che abbiano dato luogo all'applicazione dell'articolo 21, comma 7 secondo cui «Se il cedente o prestatore emette fattura per operazioni inesistenti, ovvero se indica nella fattura i corrispettivi delle operazioni o le imposte relative in misura superiore a quella reale, l'imposta è dovuta per l'intero ammontare indicato o corrispondente alle indicazioni della fattura.».
Ne deriva, tra l'altro, che la variazione in diminuzione:
a) può essere operata solo a fronte di una fattura emessa e regolarmente registrata;
b) è limitata a specifiche situazioni;
c) non è sine die, ma sconta precisi limiti temporali che, nel caso di errori e/o accordo delle parti, sono fissati in un anno dall'effettuazione dell'operazione imponibile.
È di tutta evidenza che nel caso prospettato, pur in assenza di indicazioni precise sull'avvenuta registrazione dei documenti:
- le fatture sono state emesse nel 2017, al momento della spedizione
- l'operazione imponibile è stata effettuata sempre nel 2017 ed è trascorso ben più di un anno da allora.
Alla luce di tali elementi deve escludersi che l'istante possa emettere ora una nota di variazione in diminuzione riferita ad operazioni e relative fatture del 2017.
Quanto al committente, che è rimasto ignaro, fino al 2020, dell'emissione delle fatture, va ricordato quanto già indicato nella Circolare 17 gennaio 2018, n. 1/E, ossia «che l'esercizio del diritto alla detrazione è subordinato all'esistenza di un duplice requisito, dovendosi in particolare considerare:
- oltre al presupposto sostanziale dell'effettuazione dell'operazione
- anche il presupposto formale del possesso di una valida fattura d'acquisto.
La coesistenza di tale duplice circostanza assicura l'effettività dell'esercizio del diritto alla detrazione, e la neutralità dell'imposta per il soggetto passivo cessionario/committente.
L'applicazione dei principi unionali determina quindi, in sede di coordinamento delle norme interne che il dies a quo da cui decorre il termine per l'esercizio della detrazione deve essere individuato nel momento in cui in capo al cessionario/committente si verifica la duplice condizione.
É da tale momento che il soggetto passivo cessionario/committente può operare, previa registrazione della fattura secondo le modalità previste dall'art. 25, primo comma, del d.P.R. n. 633 del 1972, la detrazione dell'imposta assolta con riferimento agli acquisti di beni e servizi, ovvero alle importazioni di beni.
Tale diritto può essere esercitato al più tardi entro la data di presentazione della dichiarazione relativa all'anno in cui si sono verificati entrambi i menzionati presupposti e con riferimento al medesimo anno.
Pertanto, il diritto alla detrazione potrà essere esercitato nell'anno in cui il soggetto passivo, essendo venuto in possesso del documento contabile, annota il medesimo in contabilità, facendolo confluire nella liquidazione periodica relativa al mese o trimestre del periodo di competenza.
Si rammenta, inoltre, che la detrazione dovrà essere esercitata alle condizioni esistenti nel periodo di imposta in cui l'imposta medesima è divenuta esigibile.
L'effettività del diritto alla detrazione dell'imposta e il principio di neutralità dell'IVA sono, in ogni caso, garantiti dall'istituto della dichiarazione integrativa di cui all'articolo 8, comma 6-bis, del d.P.R. n. 322 del 1998 con la quale, in linea generale, è possibile correggere errori od omissioni che hanno determinato l'indicazione di un maggiore imponibile, di un maggiore debito d'imposta o di una minore eccedenza detraibile.
Così, il soggetto passivo cessionario/committente, che non abbia esercitato il diritto alla detrazione dell'IVA assolta sugli acquisti documentati nelle fatture ricevute nei termini anzidetti, può recuperare l'imposta presentando la menzionata dichiarazione integrativa non oltre il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione.
La società in questione potrà avvalersi di tale possibilità registrando le fatture già in sue mani e procedendo al recupero dell'imposta di rivalsa da versare al prestatore, con presentazione, secondo la legislazione attualmente vigente, di una dichiarazione integrativa per l'anno 2020 entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione
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