Lavoro estero

Impatriati: chiarimenti sul periodo residenza all’estero

Con la Risposta A Interpello n. 263 del 2025, l’Agenzia delle Entrate ha fornito importanti chiarimenti in merito all’applicazione del nuovo regime agevolativo per i lavoratori impatriati, introdotto dall’articolo 5 del decreto legislativo 27 dicembre 2023, n. 209, in vigore dal 29 dicembre 2023.

La misura, che ha sostituito la precedente disciplina contenuta nell’articolo 16 del D.lgs. 147/2015, mira ad attrarre in Italia lavoratori qualificati, prevedendo:

  • un’esenzione del 50% 
  • sui redditi prodotti nel territorio nazionale 
  • entro il limite di 600.000 euro annui,

a condizione che vengano rispettati specifici requisiti di residenza e durata del soggiorno all’estero.

Il documento di prassi interviene per chiarire la portata applicativa del beneficio nei casi in cui il lavoratore, pur essendosi trasferito all’estero per lavoro, mantenga o riprenda in Italia un secondo rapporto di collaborazione, evidenziando come valutare il periodo minimo di residenza estera e la continuità lavorativa con soggetti italiani.

Il caso del cittadino con piu attività ini Italia

Il contribuente, cittadino italiano, aveva trasferito la propria residenza fiscale all’estero a partire dal 1° gennaio 2023 per un impiego come dipendente presso una società straniera. 

Durante il periodo di permanenza all’estero, ha però continuato a collaborare con un’università italiana tramite un contratto di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co.) per incarichi di insegnamento, svolgendo l’attività sia da remoto sia in presenza in Italia.

Il rapporto universitario, rinnovato annualmente, era iniziato nel novembre 2022, quando l’interessato risultava ancora fiscalmente residente in Italia.

Intendendo trasferire nuovamente la residenza in Italia nel 2026 per un nuovo impiego dipendente presso una società diversa e non collegata a quella estera, il contribuente ha chiesto se, al momento del rientro, potrà beneficiare del nuovo regime per lavoratori impatriati, pur continuando in parallelo la collaborazione con l’università italiana.

Secondo la propria interpretazione, il contribuente riteneva che la fruizione dell’agevolazione fosse possibile solo per il nuovo reddito da lavoro dipendente, escludendo quello da collaborazione, in quanto l’attività universitaria non rispettava il periodo minimo di sette anni di residenza all’estero previsto per chi torna a lavorare con lo stesso datore o gruppo societario presso cui aveva già operato in Italia prima del trasferimento.

La risposta dell’Agenzia delle Entrate

L’Agenzia ha confermato l’impostazione del contribuente, chiarendo che il nuovo regime agevolativo può essere applicato ai redditi di lavoro dipendente, assimilati o autonomi prodotti in Italia da soggetti che trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato ai sensi dell’articolo 2 del TUIR (D.P.R. 917/1986), purché:

  • non siano stati fiscalmente residenti in Italia nei tre periodi d’imposta precedenti al trasferimento;
  • si impegnino a risiedere in Italia per almeno quattro anni;
  • prestino l’attività lavorativa prevalentemente sul territorio italiano;
  • siano in possesso di requisiti di elevata qualificazione o specializzazione (D.lgs. 108/2012 e 206/2007).

Per quanto riguarda il requisito del periodo minimo di permanenza all’estero, l’Agenzia ribadisce che la durata di tre anni è valida solo per chi rientra a lavorare per un datore di lavoro diverso da quello estero e non appartenente allo stesso gruppo.

Se invece il lavoratore rientra prestando la propria attività per

  •  il medesimo soggetto o
  •  gruppo per cui aveva lavorato all’estero 
  • o in Italia prima della partenza, 

il periodo minimo sale rispettivamente a sei o sette anni.

Nel caso analizzato, l’Agenzia delle Entrate ha quindi precisato che il contribuente potrà beneficiare del nuovo regime solo per i redditi derivanti dal rapporto di lavoro dipendente instaurato con la nuova società italiana, in quanto distinta e non collegata a quella estera.

Non potrà invece estendere l’agevolazione ai compensi percepiti per la collaborazione con l’università, trattandosi di un’attività svolta anche prima dell’espatrio e riconducibile allo stesso datore di lavoro già operante in Italia.

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