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Rendite caso morte del dipendente: non imponibili per i familiari

Con la Risposta a interpello n. 301 del 4 dicembre 2025, l’Agenzia delle Entrate  affronta un tema legato alla gestione del welfare e delle tutele aziendali: il corretto trattamento fiscale delle somme riconosciute ai familiari del lavoratore deceduto da parte del datore di lavoro . 

Il chiarimento riguarda importi corrisposti  dall'azienda in attuazione di un regolamento interno e sostenuti, sul piano finanziario, mediante un contratto di assicurazione stipulato dall’azienda a copertura del proprio rischio. 

Il punto centrale, è che la non imponibilità non dipende dalla “forma” con cui la prestazione è erogata (capitale o rendita), ma dalla sua natura di indennità collegata all’evento morte e non all'attività lavorativa. Ne deriva  che  quando ricorrono le condizioni illustrate dall’interpello, i beneficiari non devono assoggettare a IRPEF la rendita mensile percepita, poiché la stessa non integra reddito imponibile.

Il caso: assicurazione aziendale per polizze vita ai dirigenti

L’istanza prende le mosse da un regolamento aziendale che prevede, per determinate figure apicali, specifiche tutele in caso di decesso o di invalidità permanente conseguenti a infortunio o malattia, sia in ambito professionale sia extra-professionale.

 In particolare, in caso di morte del lavoratore, la Società si impegna a riconoscere ai destinatari individuati nella disciplina interna due prestazioni:

  1. una somma una tantum (“temporanea caso morte”) e 
  2. una prestazione ulteriore denominata “assegno integrativo caso morte”, corrisposta sotto forma di rendita .

Quest’ultima è destinata al coniuge, ai figli minori o agli aventi causa e viene erogata come rendita annua (ripartita in rate mensili) a partire dall’anno successivo alla cessazione del rapporto di lavoro e fino a un termine prefissato legato all’età anagrafica che il lavoratore avrebbe raggiunto per l'eventuale pensionamento. 

La Società evidenzia inoltre che tale garanzia è aggiuntiva e non sostitutiva di quelle previste dalla contrattazione collettiva. Per far fronte all’obbligazione, l’azienda stipula polizze assicurative in cui risulta contraente e beneficiario del contratto, mentre il dipendente è estraneo al rapporto assicurativo.

 Il quesito posto all’Amministrazione finanziaria riguarda proprio la rendita “integrativa” e, in particolare, se la sua corresponsione in forma periodica (e non in un’unica soluzione) possa incidere sull’esclusione da tassazione in capo ai percipienti.

Esenzione per la natura della prestazione non per la modalità

L’Agenzia delle Entrate condivide l’impostazione sostanziale prospettata dalll'istate, concentrandosi sulla qualificazione della prestazione e sul nesso con l’evento tutelato. Secondo la ricostruzione fornita nell’interpello, l’obbligo di pagamento nasce dal regolamento aziendale e la copertura assicurativa è predisposta dal datore di lavoro per gestire un rischio proprio; ciò non cambia, però, la natura dell’erogazione effettuata ai beneficiari, che resta un’indennità corrisposta in conseguenza della morte del dipendente e predeterminata nelle sue condizioni essenziali dalla fonte regolamentare. 

Su questa base, l’Agenzia conclude che la somma erogata al coniuge, ai figli minori o agli aventi causa, in caso di decesso del lavoratore, non costituisce reddito imponibile per i percipienti e ciò vale anche quando l’erogazione avvenga come rendita, quindi mediante pagamenti periodici anziché come capitale. 

Il passaggio chiarisce in modo netto che l’elemento decisivo è  la sua riconducibilità all’indennità dipendente da morte: di conseguenza, la non imponibilità opera a prescindere dalle modalità di erogazione (capitale o rendita). 

Il riferimento normativo richiamato dall’Agenzia per fondare questa conclusione è l’articolo 6, comma 2, del TUIR (d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917), che esclude dall’imposizione le indennità dipendenti da invalidità permanente o da morte. 

Resta fermo, come di prassi, che il parere è reso sulla base degli elementi rappresentati nell’istanza e che l’Amministrazione si riserva i poteri di controllo sulla concreta attuazione della fattispecie.

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