Rubrica del lavoro

Licenziamento disciplinare: se sproporzionato spetta il risarcimento

Nella sentenza n. 34422 del 15 novembre 2021 la Cassazione torna a ribadire che per valutare la proporzionalità della massima sanzione disciplinare ovvero il licenziamento per giusta causa o giustificato motivo,   non si deve fare riferimento unicamente  alle  specificazioni del CCNL applicabile . Il giudice deve invece richiamarsi  ai principi dettati dalle norme, analizzando in concreto il comportamento del dipendente.  Da tale valutazione discende  poi l'applicabilità o meno  dell'indennità risarcitoria prevista per il lavoratore in luogo della reintegra nel posto di lavoro,  prevista dall' art 18 comma 5 legge 300 1970 come modificata

Vediamo di seguito piu in dettaglio il caso specifico 

Una Societa cooperativa di servizi   aveva licenziato per giustificato motivo soggettivo,  con preavviso una dipendente  operaia di II livello del CCNL imprese di pulizia e servizi
integrativi/multiservizi e con mansioni di portiera  "ai
sensi e per gli effetti dell'art. 48 lett. A comma d) del CCNL di categoria in
adozione". La donna era infatti stata sorpresa dal
suo referente di cantiere mentre  durante il suo turno di lavoro dormiva all'interno della sua autovettura
parcheggiata  all'interno del cortile aziendale dove era assolutamente
vietato il transito per motivi di sicurezza.

Il Tribunale di Bari aveva rigettato l'istanza di impugnazione della lavoratrice  mentre la corte di appello di Bari accoglieva il reclamo  e  dichiarava risolto il rapporto di lavoro condannando però il datore di lavoro al pagamento, in favore della lavoratrice, di una indennità risarcitoria pari a 12 mensilità dell'ultima retribuzione  a norma dell'art .18 comma 5 legge n. 300/1970.

La sentenza di appello  valutava infatti che, nonostante il fatto disciplinare contestato  fosse sussistente  (documentato da un video di sorveglianza ) la condotta fosse  connotata dai requisiti di coscienza e volontarietà ,   non vi era, però, proporzione tra fatto e sanzione.

La società di servizi  nel ricorso in cassazione afferma che il giudizio di
adeguatezza della misura sanzionatoria era  contrario
al principio di proporzionalità di cui all'art. 2106 cc e non collimante con
l'ipotesi prevista  contrattazione collettiva (art. 48
lett. A comma d)  Si evidenziava  che era  errato richiamare la nozione di giusta causa di recesso di un
licenziamento che, invece era stato irrogato per giustificato
motivo soggettivo. 

Nel rigettare il ricorso della socièta la Suprema corte afferma che giustamente la Corte territoriale si è attenuta al principio, secondo cui, " in tema di
licenziamento per giusta causa e per giustificato motivo soggettivo, non è
vincolante la tipizzazione contenuta nella contrattazione collettiva,
rientrando il giudizio di gravità e proporzionalità 
della condotta nella attività
valutativa del giudice, avuto
 riguardo agli elementi concreti, di
natura oggettiva e soggettiva,
  anche se ma la scala valoriale
formulata dalle parti sociali costituisce uno dei parametri cui occorre fare
riferimento ". D
ello stesso orientamento vengono ricordate Cass. n. 17321/2020; Cass n. 3283/2020; Cass. n. 13865/2019).

Viene soTtolineata  quindi la necessità che il giudice  non si limiti a a verificare se il fatto addebitato
sia riconducibile ad una previsione contrattuale, ma valuti  in concreto la condotta e, quindi, la proporzionalità
della sanzione.
 

Si sottolinea inoltre che sia la giusta causa  che il giustificato motivo soggettivo,  come causali legali  del recesso  del datore di lavoro  qualificano  comportamenti ugualmente idonei a legittimare la cessazione
del rapporto di lavoro,  anche se uno con effetto immediato e l'altro con preavviso.